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Messaggio Da Easy Ven Mar 11, 2011 4:20 am

Recensione DEAD SPACE 2 Www.consolas.es.wp-content.uploads.Dead-Space-2-caratula-xbox-360

Genere: Survival horror
Sviluppatore: Visceral Games
Distributore: Electronic Arts
Lingua: Completamente in Italiano
Giocatori: 1 - 8 (Multiplayer online)
Data uscita: 28 Gennaio 2011

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Incubo senza fine
Per quanto i terribili eventi della Ishimura siano ormai un lontano ricordo, l'unico superstite del disastro non ha ancora trovato la sospirata pace: spaventose allucinazioni tormentano i sonni dell'Ingegnere Isaac Clarke, rifugiatosi presso una vasta colonia mineraria situata su una delle lune di Saturno, nota come Sprawl. A ridosso di una breve introduzione, il plot di Dead Space 2 decolla in pochi istanti, gettando nuovamente il giocatore nell'ormai familiare atmosfera da horror spaziale. Rivestita la tuta RIG già utilizzata nel primo episodio, il protagonista comincerà una disperata fuga per la propria sopravvivenza, continuamente minacciata dagli incontri con i Necromorfi, mostruose aberrazioni in cui gli ex abitanti della colonia sono stati trasformati in seguito al contatto con il Marchio, un monolite di origine aliena. Proprio come sulla Ishimura, la nave mineraria teatro delle avventure del primo capitolo, il gameplay si basa sui medesimi fondamenti: la visuale ravvicinata in terza persona enfatizza il coinvolgimento, gli ambienti claustrofobici e la velocità dei nemici rendono necessaria una buona dose di riflessi per compensare la lentezza di Isaac, le armi rudimentali, derivate da attrezzi minerari, costringono il giocatore ad affrontare gli scontri elaborando precise tattiche, laddove buttarsi nella mischia alla cieca porterà solo a fulminee dipartite.

Hollywood horror
Per quanto l’ibrido tra azione ed elementi survival sia rimasto pressoché invariato, i ragazzi di Visceral Games si sono impegnati al fine di migliorare alcuni aspetti cruciali del predecessore. La prima e più evidente novità è rappresentata dalla rinnovata personalità di Isaac, che dall’eroe muto ed inconsapevole del primo episodio si trasforma finalmente in un personaggio a tutto tondo, in grado di rispondere a tono alle molte comunicazioni radio con altri superstiti che accompagnano la sua disperata fuga, di prendere decisioni e soprattutto di avere uno scopo che vada al di là della semplice sopravvivenza: distruggere il Marchio, una volta per tutte. Si tratta di un’innovazione apparentemente sottile e di scarsa importanza, ma il gameplay e la storia ne traggono giovamento, risolvendo in buona parte i problemi legati al massiccio backtracking ed a quella sensazione di predestinazione che caratterizzavano l’incedere del predecessore. Per quanto il plot sia ancora abbastanza rarefatto, e tocchi più che altro al giocatore raccogliere informazioni tramite i brandelli di testo e le registrazioni audio sparse per i livelli, l’identificazione con il protagonista funziona appieno. Il processo di “umanizzazione” di Isaac si estende anche alla sua psicologia, gravemente danneggiata dagli eventi della Ishimura, ed afflitta da continue allucinazioni pronte a sconvolgere i pochi momenti di pace: il risultato è un Isaac molto più umano e credibile, in grado a tratti di trasmettere grande stanchezza e sconforto. Rimanendo in tema narrativo, anche l’interazione con i personaggi comprimari è stata leggermente enfatizzata: per quanto l’incubo di Isaac sia ancora una faccenda perlopiù solitaria, non mancheranno momenti più riflessivi dedicati al dialogo. Notevoli passi avanti sono stati fatti anche per quanto riguarda il design dei livelli, caratterizzato da spazi molto più ampi, una maggiore varietà di ambientazioni e soluzioni originali, come l’innovativo attraversamento dei condotti di aerazione. Nel complesso, per quanto assolutamente lineare, l’incedere offerto da Dead Space 2 è in grado di mantenere altissimo il tasso di adrenalina grazie ad un massiccio utilizzo di spettacolari sequenze scriptate, che spezzano efficacemente i combattimenti e l’esplorazione, dando modo alla telecamera di esibirsi in virtuosismi hollywoodiani ed all’attenzione del giocatore di rimanere sempre viva. Fanno naturalmente il loro ritorno i vari mezzi cinematografici efficacemente impiegati dai Visceral per scavare a fondo nelle paure del pubblico: a luce spenta e con l’audio giusto, Dead Space 2 è un’esperienza terrorizzante anche per il più impassibile dei giocatori, mantenendo pienamente fede al materiale cinematografico e letterario cui palesemente si ispira, talvolta addirittura superandolo nella raffinatezza di certi “trucchi” destinati a farvi irrimediabilmente saltare sulla sedia.

Bigger, better and…
Più nemici, più armi, più azione, questi sono i tre capisaldi di ogni sequel che si rispetti, e Dead Space 2 non si sottrae alla logica. Le fila dei Necromorfi sono state arricchite con diverse spaventose new entry, tra cui gli Spitter, in grado di vomitare un acido colloso sul protagonista, i Pack, esseri simili ad infanti che attaccano in grandi gruppi e diverse altre aberrazioni di cui preferiamo tacere, così da lasciare intatte le sorprese migliori. Notevole il miglioramento dell’intelligenza artificiale, ora molto più consapevole degli spazi circostanti, anche in virtù della loro rinnovata ampiezza, ed in grado di utilizzare tattiche davvero diaboliche: un pratico esempio è l’attacco a sorpresa seguito da una rapida fuga, che vi lascerà indeboliti ed incapacitati a rispondere per diversi secondi. Da circa metà avventura in avanti, si nota per di più l’attitudine da parte dell’Intelligenza Artificiale a scagliare contro all’ignaro protagonista gruppi molto ben assortiti di Necromorfi, che uniranno le loro letali peculiarità in attacchi combinati a cui resistere non sarà facile, alzando notevolmente il livello medio di difficoltà, sensibilmente superiore a quello del primo capitolo. Per quanto dunque le munizioni perlopiù non manchino e l’azione sia spesso molto intensa, Dead Space 2 riesce con successo nel far sentire il protagonista estremamente vulnerabile, costantemente minacciato da ogni direzione ed in qualche modo inadeguato al contesto. Interessante a questo proposito l'aggiunta di shortcut sui tasti frontali del pad per la ricarica di energia vitale e Stasi, che ben si sposano con il ritmo forsennato dei combattimenti. L’unico modo per sopravvivere all’inferno dello Sprawl sarà fare affidamento sul vasto arsenale offerto, anch’esso aggiornato con diversi nuovi giocattoli: il più utile ed innovativo è senza dubbio il Javelin Gun, in grado di sparare arpioni a grande velocità impalando i Necromorfi, e di elettrificarli in un secondo momento. Interessanti i risvolti tattici offerti dal lanciagranate, caricato con esplosivi che aderiscono alle pareti, proiettando un raggio laser ed esplodendo non appena esso venga attraversato. Soprattutto quest’ultima arma permette di anticipare gli attacchi nemici, piazzando a dovere le cariche e lasciando che facciano il loro dovere. Le aggiunte all’arsenale non si fermano qui e ad esse vanno affiancati i potenziamenti possibili grazie ai Bench, tavoli da lavoro sparsi per i livelli dove il giocatore potrà nuovamente spendere i Power Node rinvenuti per aumentare le caratteristiche di armi ed armature, seguendo schemi ad albero. Si tratterà quasi sempre di migliorare determinate caratteristiche, ma in certi casi gli upgrade potranno interessare anche funzioni speciali per le armi, come l’esplosione per gli arpioni del Javelin Gun. Altra piccola novità del Bench è la possibilità di respeccare, ovvero annullare tutti i punti spesi fino a quel momento e ricominciare da capo (naturalmente ad un prezzo, fissato a 5000 crediti). Come nel predecessore, i Power Node potranno essere eventualmente spesi anche per ottenere accesso a piccoli magazzini stipati di equipaggiamento, sparsi nei livelli. Fanno naturalmente il loro ritorno gli Shop elettronici, ottimi per spendere i crediti rinvenuti sul campo di battaglia acquistando nuovo equipaggiamento, munizioni e diverse tute per Isaac: interessante come queste ultime presentino specifici bonus, portando la scelta al di là del semplice vezzo estetico. La discreta mole di equipaggiamento potrà ancora una volta essere gestita tramite il menu a celle già visto nel predecessore, di dimensioni variabili a seconda della tuta equipaggiata.
Fortunatamente, la revisione operata da Visceral Games ha interessato anche i controlli, ora molto più reattivi: l’ingombrante attrezzatura da minatore continua a rendere Isaac goffo nei movimenti, eppure gli attacchi corpo a corpo si rivelano finalmente utili a trarsi d’impaccio in certe situazioni disperate. Degna di nota anche la completa reinterpretazione delle sequenze a gravità 0 ed in assenza d’atmosfera, ora graziate dal movimento libero a 360 gradi, facile da controllare ed in grado di rendere questi interludi davvero godibili, offrendo nuove interessanti approcci al combattimento.
Miglioramenti anche su fronte della simulazione della fisica: oltre a rendere molto suggestive le sequenze in assenza di gravità, essa fa di ogni oggetto del mondo di gioco una potenziale arma da lancio: grazie all’aggiornamento del potere di Cinèsi già visto nel precedente episodio (a sua volta liberamente ispirato alla Gravity Gun di Half Life 2), qualunque frammento acuminato o contundente potrà essere sparato contro i nemici, arti precedentemente strappati compresi. A questa rinnovata possibilità si affianca naturalmente il ritorno del potere di Stasi, legato ad una riserva d’energia limitata, in grado di rallentare il moto di un singolo oggetto o nemico dell’ambiente di gioco.
Entrambe molto utili in combattimento, queste tecnologie si rivelano necessarie anche per la soluzione dei piccoli puzzle ambientali, molto meglio contestualizzati rispetto a quelli sperimentati nel predecessore: per quanto molto semplici, riusciranno a farvi sentire nei panni di un ingegnere, incaricandovi perlopiù di riparare circuiti e macchinari danneggiati.
Tra diversi colpi di scena e molti colpi al cuore, la campagna scivolerà via fluida e veloce nonostante la durata di tutto rispetto, circa 10 ore alla prima passata; la rigiocabilità è incoraggiata dallo sblocco di un livello di difficoltà Hardcore (che concederà solo tre salvataggi ed il minimo indispensabile quanto a munizioni) e di diverse tute bonus da recuperare nei livelli, senza contare le molte possibilità offerte dal vasto comparto upgrade.

Allucinazione condivisa
Già diversi mesi fa si era parlato dell’aggiunta di un comparto multigiocatore nei menu di Dead Space 2: come prevedibile, l’esperienza si rivela purtroppo poco più che accessoria. Due squadre di giocatori, una composta da ingegneri, l’altra da Necromorfi, si combatteranno per raggiungere specifici obbiettivi. La scarsità di mappe ed un game design forse troppo ispirato a Left 4 Dead non riescono a restituire un’esperienza in grado di sopravvivere al fascino della novità, destinato ad esaurirsi in una manciata di ore nonostante l’immancabile comparto upgrade e perk.

HD nightmare
Per quanto la generazione di console sia la medesima, due anni di progressi tecnologici trovano pieno riscontro nel confronto tra questo sequel ed il suo predecessore. Modellazione poligonale, texture, quantità di dettaglio, simulazione della fisica: ogni elemento del comparto tecnico ha fatto un vero balzo in avanti, garantendo sfondi pulitissimi e una cura al particolare davvero certosina. Ancor più raffinate le animazioni, da quelle di ricarica delle armi a quelle di interazione con i vari elementi dello scenario, le quali riescono a donare ad Isaac movenze estremamente umane nel loro realismo. A brillare è comunque il design, a tratti freddo ed asettico, altre volte capace di mescolare calde ed accoglienti ambientazioni casalinghe a schizzi di materia organica, o ancora di stupire con il neogotico delle chiese di Unitology. La varietà di stili appaga l’occhio e tiene la mente ben sveglia, regalando un viaggio cromatico ed architettonico davvero interessante. Eccezionale come sempre il comparto luci, in grado di fare storia a sé, donando a certi scorci una personalità altrimenti impossibile. Unici difetti degni di nota sono la scalettatura delle ombre, già presente nel predecessore, qualche rara compenetrazione e sporadiche texture in bassa definizione, del tutto perdonabili data la qualità dell’insieme. Eccezionali, seppur niente affatto melodiche né orecchiabili, le musiche di Jason Graves, così come l’effettistica audio, perfettamente mixata per restituire il massimo dell’inquietudine.
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